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viernes, 7 de junio de 2013

Abtei Marienberg

 

L'abbazia di Monte Maria (in tedesco Abtei Marienberg) è un monastero benedettino, che si trova a Burgusio, vicino a Malles, in alta Val Venosta, in Alto Adige. Si tratta del monastero benedettino più alto d'Europa (1.335 metri s.l.m.) ed uno dei più importanti del Tirolo.




I Benedettini di Monte Maria

 E’ merito di una famiglia nobiliare della Bassa Engadina, i Tarasp, se è potuto sorgere il secondo monastero benedettino maschile della nostra diocesi. Tarasp aveva fondato tra il 1090 e il 1095, con l’appoggio del fratello vescovo di Coira Uldarico II, nelle vicinanze del proprio castello omonimo sito presso Schuls, sempre in Bassa Engadina, un’abbazia benedettina. Ma per il clima rigido e per l’ostilità della popolazione locale il monastero non ebbe lo sviluppo sperato, oltre al fatto che gli edifici conventuali, di legno, furono distrutti più volte da incendi.
Uldarico III di Tarasp, nipote di Eberardo di Stammberg, decise allora, d’intesa con l’abate Albert, di ricostruire il monastero in un appezzamento di sua proprietà sito nell’Alta Val Venosta. Dovette però recarsi due volte a Roma con l’abate, finché nel 1146 ottenne da papa Eugenio III (1145-1153) l’autorizzazione per la ricostruzione del monastero. Dopo un tentativo presso la chiesetta carolingia di S. Stefano sopra Burgusio, tre anni dopo, nel 1149, la comunità monastica, per il forte vento e per la scarsità d’acqua, dovette trasferirsi di nuovo, alcune centinaia di metri verso est ai margini del torrente Almeina, dove si trovava un’antica cappella dedicata a Maria, da cui prese il nome del nuovo monastero, Monte Maria (Marienberg).
Al nuovo convento fu concessa la protezione papale, in cambio del versamento annuale a Roma di un Bisanzio (una moneta d’oro). Le notizie sull’origine e sui primi passi del monastero sono contenute nella “cronaca di Monte Maria” del monaco Goswin, opera preziosa non solo per la storia del convento ma anche come documento sulla storia medioevale del Tirolo. Secondo Goswin, che del convento fu anche priore, a costituire la nuova comunità monastica furono chiamati alcuni monaci benedettini dall’abbazia sveva di Ottobeuren. E’ del 1150 l’atto del primo abate Albert documentante la prima struttura conventuale, una semplice casa e la cappella di S. Maria.
Furono la munificenza di Uldarico Tarasp e della consorte Uta di Ronsperg, nonché la benevolenza di altre famiglie nobili del Tirolo del Sud a dotare il monastero di numerosi possedimenti, aiuti finanziari, privilegi, tanto che Monte Maria poté avere un’indipendenza economica e dare buone prospettive per il futuro alla comunità monastica, nella quale entrò anche il figlio di Uldarico Tarasp. La stessa Uta col consenso del consorte prese l’abito del monastero e scelse la povertà monacale. Recatasi in pellegrinaggio in Terrasanta, morta nel 1163 a Gerusalemme, il marito ne fece portare le spoglie a Monte Maria dalla compagna di viaggio Berntrudis. Rimasto vedovo Uldarico scelse anche lui, il coraggioso cavaliere ed eroe crociato, il silenzio di una cella, ma prima volle assicurare al monastero un protettore nella persona del suo caro nipote Egno von Matsch. Fece anche abbattere il proprio castello sito su uno sperone roccioso sopra Monte Maria, per evitare che in futuro un cavaliere potesse minacciare il convento. Nel 1169 si recò anche dall’imperatore Federico Barbarossa per la conferma del monastero e di tutte le sue donazioni.
L’archivio di Monte Maria conserva ancora un atto, in pergamena, indicante i primi membri della comunità monastica al tempo del fondatore. In testa c’era l’abate Gerardo, successivi firmatari i frati del convento, in primo luogo Udalricus de Taraspis, seguono poi i sacerdoti, i diaconi, i fratelli laici. La comunità religiosa era appunto in numero sufficiente per lodare Dio giorno e notte col canto dei salmi. Uldarico, il pio fondatore, morì il 22 gennaio 1177, seguendo suo figlio che l’aveva preceduto nella morte. Ogni anno il monastero ricorda la famiglia fondatrice, le cui ossa riposano nella chiesa del convento dietro ad una lapide marmorea decorata con una croce d’ottone.
Nel 1156 si iniziò la costruzione del complesso romanico del monastero, quattro anni dopo, il 13 luglio 1160, il vescovo Adelgott di Coira consacrò la cripta. Quando Volker, l’ultimo dei cinque abati provenienti da Ottobeuren (Albert, Mazelinus, Swiker, Gebhart e Volker), si dimise, i monaci elessero come abate il conte Federico di Appiano; a lui e ai suoi parenti si deve un’ulteriore crescita dei possedimenti del monastero. Gli abati e il convento si fecero man mano sempre confermare dai papi e dagli imperatori i propri diritti e le proprietà del monastero, per es. dai papi Alessandro III (1159-1181), Lucio III (1181-1185) e dall’imperatore Enrico VI (1190-1197).
Nel 1181 papa Lucio III confermò all’abate di Monte Maria il possesso della chiesa di S. Stefano con tutti i benefici parrocchiali. Tale chiesa nella quale per sette secoli i monaci di Monte Maria esercitarono con diligenza la cura d’anime, divenne nel tardo Medio Evo oggetto di pellegrinaggi per la presenza di un’immagine votiva della Madonna Addolorata, immagine che nel 1938 è stata trasferita nella chiesa del monastero.
Nel 1186 fu la parrocchia di Burgusio ad essere la più importante sede di cura d’anime del convento, anche se all’inizio ci furono ostacoli da parte della popolazione; ci furono difficoltà anche per il fatto che i monaci, provenienti da Ottobeuren, parlavano tedesco, alquanto diverso dal retoromanico degli abitanti retoromanico. Ci volle un piccolo Sinodo diocesano, nel 1201, per superare incomprensioni e resistenze. I risultati del Sinodo furono confermati dal cancelliere diocesano e, nel 1217, da papa Onorio III (1216-1227).
Il 21 marzo 1259 il vescovo Enrico di Coira affidò ai monaci di Monte Maria una estesa sede di cura d’anime, quella di S. Martino in Passiria. La frazione di Plata, per la sua posizione e distanza fu staccata dalla parrocchia madre di S. Martino e divenne parrocchia a se stante.
Il monastero non riuscì comunque a superare le difficoltà economiche, dovute anche alla sua posizione, a 1336 metri di altitudine, che non permetteva introiti da grande azienda.
Ma in compenso il monastero si rafforzò e consolidò al suo interno, e grande zelo animò i confratelli di Monte Maria, preparandoli alle future prove, che giunsero quando stava emergendo non più lo spirito che aveva mosso migliaia di persone a lottare per la fede, a fondare monasteri per favorire una vita di povertà e preghiera, ma iniziava ad insinuarsi, specie dall’alto, la cupidigia e la contesa per il potere. E ciò in modo particolare quando l’imperatore Federico II (1212-1250) intraprese la lotta contro il Papato, non disdegnando alcun mezzo per procurarsi piccoli e grandi alleati. Anche la storia di Monte Maria fu coinvolta nelle vicende di questo periodo, caratterizzato dalla “cavalleria predona”.
 Dopo decenni di relativa calma sotto gli abati che erano succeduti a Federico di Appiano, la bufera entrò anche a Monte Maria, e in modo spaventoso, mentre era abate Chunrad III, della famiglia nobiliare dei Ramüs. Per indebolire il litigioso Egno III von Matsch, il vescovo Enrico di Coira (1251-1272) aveva favorito il suo antico rivale Schweighard di Reichenberg (un castello in Val Monastero), il quale, non meno violento, approfittò della propria posizione per attaccare Egno; per essere più forte cercò alleanze, trovando quella di Federico di Ramüs, fratello germano dell’abate Chunrad III di Monte Maria, cui fu fatale lo scontro tra i doveri della propria carica e il legame familiare. La scarsa risolutezza dell’abate mosse Schweighard di Reichenberg a dubitare della sua affidabilità, per cui decise di renderlo innocuo. Nella notte tra il 24 e il 25 ottobre 1274 il convento fu depredato; fu asportato tutto fuorché gli infissi, tanto che per trasportare il bottino a Reichenberg ci vollero ben dodici carri. Dalle stalle furono presi cavalli, asini, pecore e maiali. Le ruberie furono estese, specie a Nauders, a chi a vario titolo era a servizio del monastero, che rimase senza fonti di sostentamento, per cui i monaci si videro costretti a cercare altrove di che vivere. Nel convento rimase un unico monaco, per la S. Messa e per la cura d’anime di Burgusio.
Ma sull’autore del misfatto giunse presto la giustizia divina: dopo qualche tempo cadde a terra colpito a morte alla testa dallo zoccolo del proprio cavallo che stava ferrando.
Quando finalmente l’abate con i suoi confratelli poté tornare in convento, sua prima cura di risollevare il monastero dal punto di vista materiale, e allo scopo si affidò ad un certo Arnold di Sins, che si intendeva di economia e che difatti, giunto povero a Monte Maria, dopo 20 anni di amministrazione poté ritirarsi a Malles come ricchissimo possidente.
Ma altre calamità si preparavano per il convento; coloro che dovevano esserne i protettori, in qualità di “avvocati”, i conti Matsch, dopo qualche tempo in cui avevano diligentemente assolto il loro compito, come ad esempio Hartwig II, particolarmente pio, la situazione cambiò dopo la sua morte, avvenuta nel 1250, e l’avvento dei suoi figli, Egno III, detto “l’attaccabrighe”, e Albero, detto “il mangione”, il cui figlio Ulrico II rimase negli annali del convento come assassino di abati. Era sorta infatti una controversia circa alcuni diritti del convento che il conte voleva far propri, diritti che l’abate Hermann von Schönstein difendeva con energia, suscitando l’ira del conte, che non ebbe limiti quando seppe che l’abate aveva chiesto aiuto al principe territoriale Ottone di Tirolo.
Il 28 agosto 1304 Ulrico apparve a Monte Maria con una masnada di furfanti; introdottosi con la forza in sagrestia catturò il giovane abate e lo fece condurre nella valle di Slingia e lì lo fece decapitare. Tornato al monastero l’avvocato iniziò a depredare il convento di tutto ciò che era a portata di mano, prendendo di mira le fonti storiche scritte, specie quelle che deponevano a suo sfavore. L’episodio è ricordato col nome di “Matscher Sacco” (il sacco di Mazia). Passati i primi momenti di sgomento, a notte fonda, alla luce di una lanterna, il monaco e futuro abate Whiso si inoltrò nell’oscura valle di Slingia dove trovò il corpo di Hermann. Il martire fu sepolto nel convento tra il dolore e i lamenti dei monaci. Il tragico fatto portò nel 1311 alla revoca dell’avvocazia ai conti von Matsch da parte dell’abate Johannes II, avvocazia che fu trasferita a Enrico re di Boemia; questi però la riconcesse in feudo ai signori von Matsch, e così riprese in modo ancor più spudorata l’oppressione. Papa Clemente V (1305-1314) il 19 marzo 1308 aveva inflitto da Avignone delle opere di penitenza per l’assassinio dell’abate, ma non risulta che “l’avvocato” le abbia adempiute, se non in minima parte.
 Fu solo con l’abate Albert II (1388-1415) che il monastero riuscì ad ottenere dal duca d’Asburgo Alberto III, detto “la Freccia”, (1349-1395) che fosse tolta l’avvocazia ai conti von Matsch; il monastero passò dal 1421 sotto la protezione del conte del Tirolo Federico IV Tascavuota (1406-1439) e poi della casa d’Austria.
I rapporti del convento con i vescovi di Coira non furono molto amichevoli, specie dopo la costruzione di Castel del Principe (Fürstenburg) in riva all’Adige nei pressi di Burgusio. Il castello era sorto per volere dei vescovi di Coira che vedevano il proprio potere temporale minacciato dall’emergente casata dei Tirolo. Il vescovo di Coira sin dal 1302 aveva cercato di immischiarsi nella elezione dell’abate e gli abati successivi ebbero da lamentarsi per le continue imposizioni di tributi ed estorsioni di denaro da parte dei vescovi.
L’attività esterna dei monaci di Monte Maria nel Medioevo fu ridotta, dato anche il numero dei conventuali, che non superò mai la dozzina. Uno dei monaci era curatore d’anime a S. Martino in Passiria, che dal 1259 era incorporata al monastero, mentre la parrocchia di Burgusio e la vecchia parrocchia di S. Stefano erano curate direttamente dal convento.
Un anno sfortunato per i monaci fu il 1418. Il 2 agosto scoppiò all’alba un furioso incendio, che divampò fino alle cantine. Perché il monastero potesse riavere il suo precedente aspetto per diverse difficoltà economiche si dovette attendere l’abate Peter I Bücheler (1433-1458).
Altro giorno drammatico per il convento fu il 18 maggio 1464 quando l’abate Petrus II, per aver focosamente difeso i diritti del monastero fu aggredito da due abitanti di Burgusio, detti Appenzeller, che lo colpirono con pali da steccato e poi lo lapidarono.
Ma il monastero in quel tempo non fu solo alle prese con problemi economici, vi furono difficoltà anche sotto l’aspetto spirituale. Era considerevolmente calata la disciplina conventuale e non ci si atteneva alle direttive date nel 1489 da Massimiliano d’Asburgo in qualità di protettore.
Monte Maria se la cavò alquanto a buon prezzo in occasione della guerra dell’Engadina, quella che nel 1499 oppose i Tirolesi agli Svizzeri, una delegazione dei quali fece visita all’abbazia. Anche l’imperatore Massimiliano I (1490-1519) visitò il monastero e vi festeggiò il Corpus Domini.
Conseguenze peggiori per il monastero ebbe la rivolta dei contadini del 1525. Turbe di contadini agitati saccheggiarono il convento distruggendo ciò che capitava loro tra le mani. In quell’occasione subirono forti perdite la biblioteca e l’archivio. Ma anche la vita monastica fu danneggiata particolarmente a causa delle novità religiose che contaminavano l’intera regione, l’Anabattismo da est e lo Zwinglianesimo da ovest, facendo pressoché svuotare il convento, che rimase con un solo monaco, che era anche parroco di Burgusio, ad assistere l’abate Bernhard von Wehingen (1518-1556) al momento della sua morte.
Per porre rimedio al declino spirituale e materiale intervenne più volte il governo austriaco. Su sua richiesta il monastero fece venire abati da S. Biagio nella Selva Nera, come Philipp God (1561-1571) e Kosmas Zink (1578-1586), i quali riuscirono in effetti a far superare la crisi e a restaurare la disciplina monastica oltre a risollevare le condizioni economiche.
Con l’abate Kosmas Zink erano aumentati anche i novizi e le cose sembravano andare per il meglio quando la sua prematura morte mise ogni cosa in forse. Infatti con l’abate Leonardus Andrì (1586-1606) la crisi giunse al punto culminante, tanto che il nunzio Giovanni della Torre stava pensando di proporre la soppressione del convento e la sua trasformazione in seminario della diocesi di Coira.
Ma il governo di Innsbruck ribadì l’interesse per le sorti del monastero di Monte Maria, data la sua importanza come baluardo cattolico in prossimità del cantone protestante dei Grigioni. Si impegnò in particolare il conte del Tirolo arciduca d’Asburgo Ferdinando II (1565-1595), come pioniere della Controriforma in Tirolo. Anche papa Clemente VIII (1592-1605) mostrò ripetutamente interesse per il mantenimento di Monte Maria, vista la sua posizione “in confinibus haereticorum”.
Fu ancora un monastero svevo, quello di Weingarten, a venire in aiuto a Monte Maria. Con l’amministratore (1606-1613) e in seguito abate Matthias Lang (1615-1640) nelle vecchie mura riprese a fiorire nuova vita. Per esser riuscito a consegnare al suo successore un convento più sicuro dal punto di vista spirituale e materiale, si è meritato il titolo di “secondo fondatore”. Per ostacolare l’influenza in Alta Val Venosta delle dottrine luterane fu lui, col permesso del principe territoriale arciduca Massimiliano III (1602-1618), a proibire nel 1609 a Slingia le nozze con Engadinesi; ordinò inoltre ai suoi sottoposti di assumere soltanto servitori tedeschi; promosse l’insegnamento e scuole di lingua tedesca, tra l’altro facendo venire appositamente a Burgusio un insegnante dalla Svevia, per cui diminuì sempre più in quel tempo la lingua neolatina.
Sotto l’abate Lang ebbe nuovo slancio la scuola conventuale, con l’aumento delle materie di insegnamento. C’è una testimonianza in merito, quella nelle memorie di uno scolaro di quei tempi, il roveretano Giacomo Goffredo Ferrari: “Vi era sempre venti e più Padri o Fratelli musicanti, che prendevano in pensione (degli) scolari, proveduti di tutto - eccetto il vino - e senza buone mani o regali, per la sola somma di fiorini novanta all’anno per testa; obligandosi oltre il mantenimento d’istruirli nella lingua tedesca e latina, nell’aritmetica e in qualunque ramo di musica esercitato da essi monaci”.
All’abate Lang si deve anche l’ampliamento del monastero con un secondo piano, lavori che il suo successore Jakob Grafinger (1640-1653) continuò con la ristrutturazione della chiesa conventuale. L’antica basilica romanica a tre navate fu adattata allo stile barocco del tempo e fu ristrutturata anche la cripta con tre altari adibita a luogo di sepoltura dei monaci. Il 25 novembre 1647 Maximilian Mor, consigliere segreto ad Innsbruck fece visita al convento e alla chiesa; di ciò prese nota l’abate nel suo diario: “La chiesa gli piacque in modo straordinario”.
Altro titolo di merito dell’abate fu il suo impegno per l’arricchimento della biblioteca, con il coinvolgimento di persone colte e amanti della scienza, nonché per avere promosso l’ulteriore formazione di monaci inviandoli a rinomate scuole. Perché potessero frequentare le lezioni di teologia presso i Padri Domenicani, fece costruire a Bolzano una casa per i frati di Monte Maria.
Monte Maria verso la fine della Guerra dei Trent’anni (1618-1648) fu luogo di rifugio per molti monaci provenienti dalla Baviera e dalla Svevia, che trovarono asilo temporaneo nel monastero situato nell’Alta Val Venosta; ciò in quanto il re di Svezia Gustavo II Adolfo Vasa (1611-1632) era penetrato vittorioso nella Germania centrale e aveva saccheggiato numerosi conventi. La Guerra dei Trent’anni col passaggio di truppe portò nuovamente la peste anche in Alta Val Venosta; nel giro di due mesi a Monte Maria morirono tre monaci.
Il successore di Grafinger, abate Ferdinando, nominato nel 1655 cappellano di corte, riuscì nonostante l’incendio che nel 1656 distrusse il tetto e la torre campanaria, a fare qualche acquisto in oggetti di valore e in proprietà.
Grande interesse e alta considerazione per la formazione scientifica ebbero gli abati Franz von Pach (1663-1705) e Johann Bapt. Murr (1705-1732), specialmente il secondo, il quale subito dopo la sua elezione introdusse nel convento per i suoi chierici un completo corso di studi teologici, accessibile anche ad esterni. Ne sono testimonianza le esercitazioni dialettiche e le dispute teologiche che furono organizzate durante il governo dell’abate Murr e dei suoi successori.
In quel tempo a Monte Maria esisteva anche una piccola scuola conventuale, che, dopo lungo tempo di inattività, era stata ripristinata nel 1556 dall’abate Abart. Da menzionare anche l’introduzione in quel periodo dell’istruzione musicale. Gli allievi provenivano per lo più dalle migliori famiglie della zona.
Il governo dell’abate Murr è caratterizzato da un avvenimento di grande importanza per il convento e per il vasto territorio circostante: l’istituzione nel 1724 del ginnasio di Merano. L’ambito dell’azione dei monaci di Monte Maria si allargò considerevolmente, a giovamento dello stesso convento, poiché sotto l’abate Murr il numero dei monaci raddoppiò rispetto al tempo del suo predecessore.
Il successore di Murr, l’abate Beda Hillebrand (1732-1771), oltre ad aprire un convitto presso il ginnasio riuscì con un’oculata amministrazione dei beni del monastero a coprirne il forte deficit, dovuto anche agli onerosi contributi bellici (la tassa dei turchi), e ad estinguere tutti i debiti, in modo che il suo successore poté investire grosse somme per un dignitoso arredamento della chiesa conventuale, per la biblioteca e per istituire la stanza degli ospiti.
Con l’abate Plazidus Zobel (1782-1815) Monte Maria fu messo nuovamente a dura prova. Già un decreto imperiale del 24 marzo 1781 aveva proibito ogni collegamento dei conventi austriaci con quelli esterni, per cui Monte Maria non poté più collegarsi con la congregazione sveva, alla quale apparteneva sin dai tempi dell’abate Lang. Nel 1786/1787 fu soppresso il convitto presso il ginnasio di Merano; quando nel 1799 i Francesi dalla Val Monastero irruppero in Val Venosta si temette che Monte Maria fosse di nuovo incendiato e depredato. Si dovette all’intercessione del comandante del castello di Fürstenberg, Peter Anton von Mont, se al convento e al sottostante paese di Burgusio fu risparmiato il peggio. Comunque a Glorenza e a Malles andarono a fuoco due case appartenenti al monastero.
Il colpo più duro il convento lo subì nel 1807, anno in cui il monastero fu soppresso dal governo bavarese. Alla soppressione del convento seguì l’esilio dei monaci, che furono deportati a Fiecht (presso Schwaz, nella valle inferiore dell’Inn) e posti in stretta segregazione.
Per i beni del monastero fu incaricato un regio amministratore, con il compito di vender tutto all’asta. Così andarono perse molte aziende agricole da tempo appartenenti al monastero, mentre oggetti e arredi sacri, paramenti, furono alienati a prezzi ridicoli. Anche la biblioteca e l’archivio subirono gravi danni.; c’erano due monaci, Romuald Helf e Marian Stecher, che simpatizzavano per i bavaresi, ma si dovettero ricredere al constatare come era stato trattato e ridotto il convento.
Con la liberazione del Tirolo nell’aprile 1809 furono liberati anche i monaci, ma nel tardo autunno dello stesso anno ritornarono i bavaresi, che soppressero il ginnasio, trasformandolo in scuola media regio-bavarese.
Il Tirolo ridivenne austriaco nel 1814. Fu riaperto il ginnasio dove poterono tornare a insegnare i benedettini di Monte Maria. Il 12 gennaio 1816 l’imperatore d’Austria Francesco I (1804-1835) ordinò da Milano di ripristinare l’abbazia. L’abate Placido non poté gioire per tale evento poiché era deceduto il 29 gennaio 1815 a Merano, vittima di una malattia mentale, causata forse anche dai tragici fatti che aveva dovuto subire.
Furono in 18 i conventuali a ritornare a Monte Maria e toccò al nuovo abate Karl Mayr (1816-1855), di Tirolo, il gravoso compito di rimettere in sesto il monastero, che si era ridotto a vuote stanze e fredde mura. Come aveva dovuto promettere al momento della sua elezione, nei 39 anni di governo cercò di recuperare il più possibile degli oggetti e dei beni. L’abate, grande amico dell’arcivescovo di Trento Giovanni Nepomuceno Tschiderer, si preoccupò anche del bene spirituale dei propri sottoposti e si sforzò di promuovere la disciplina e la tensione alla santità nei suoi monaci. Per tutto ciò l’abate Karl Mayr fu considerato il terzo fondatore del convento. Fu durante il suo governo che entrarono a Monte Maria tre aspiranti che avrebbero contribuito a far tenere in grande considerazione il monastero e il ginnasio: padre Pius Zingerle, che sarebbe divenuto grande orientalista e docente alla Sapienza di Roma; Padre Albert Jäger, storico e docente ad Innsbruck e a Vienna; Padre Beda Weber, che nel 1848 divenne deputato al parlamento di Francoforte e che morì come parroco del duomo imperiale di Francoforte.
Sotto l’abate Augustin Moriggl di Burgusio (1855-1861) la chiesa di S. Stefano fu staccata dal monastero di Monte Maria e gli abitanti di Slingia appartenenti a questa parrocchia furono assoggettati alla giurisdizione del vescovo di Bressanone.
L’abate Peter III Wisler di Tubre (1861-1885) oltre all’aver fatto installare nel 1866 l’attuale organo e nel 1879 un nuovo orologio della torre campanaria, nel 1883 acquistò dal municipio di Burgusio Castel del Principe, che nel 1952 è divenuto sede di una scuola agraria.
Anche i successori dell’abate Karl Mayr seguirono molto le vicende del ginnasio, che nella Pentecoste del 1925 celebrò solennemente i 200 anni dalla fondazione. Purtroppo a causa degli avvenimenti politici l’istituto fu chiuso tre anni dopo tale celebrazione. La fine del ginnasio giunse sia per il corso politico - i docenti erano stati costretti ad insegnare diverse materie in lingua italiana, cosa che non era possibile per essi - che per la riduzione del proprio corpo docente. Il ginnasio dei benedettini aveva preparato alla vita nei 200 anni di esistenza circa 5 mila allievi.
A Monte Maria l’abate Leo Maria Treuinfels di Trieste (1885-1928) fece restaurare nel 1910 la chiesa conventuale, creando un ambiente veramente degno per l’ufficio divino dei benedettini; si preoccupò inoltre particolarmente perché si ravvivasse nel convento lo spirito benedettino. L’abate, che era membro del consiglio provinciale e di quello imperiale, nel 1889 associò il monastero alla Congregazione austriaca di S. Giuseppe, introdusse nel monastero la riforma auspicata dalla Santa Sede per tutto l’Ordine e fu il primo visitatore della Congregazione.
Il suo successore, abate Ulrich Patscheider di Laces (1928-1957) cercò di rafforzare le condizioni economiche indebolitesi durante il conflitto mondiale; restaurò il Rediffianum (il convitto, intitolato al suo promotore, il funzionario imperiale Johann Bapt. Rediff di Burgusio, convitto che i monaci avevano continuato a gestire anche dopo l’abbandono del ginnasio), creando grandi locali più accoglienti e funzionali.
Nel 1928 il ginnasio di Merano, gestito dai benedettini di Monte Maria, fu appunto soppresso sotto la pressione del regime del tempo; al monastero fu vietato anche il collegamento con la Congregazione austriaca, per cui esso si associò a quella svizzera.
La perdita del ginnasio contribuì al calo dei membri del monastero, che nel 1910 contava 35 monaci, 9 fratelli laici e 2 chierici.
Dopo le celebrazioni nel 1946 degli 800 anni del convento, l’abate fece rivivere l’antica scuola conventuale di Monte Maria, soppressa nel 1807, come piccolo ginnasio privato, per dare la possibilità di studi a coloro che desideravano servire il Signore come monaci o sacerdoti. Infatti da questa nuova esperienza di scuola conventuale, la quale nei 40 anni di esistenza (nel 1986 la scuola fu chiusa, dopo esser stata trasformata nel 1966 da ginnasio a scuola media inferiore) istruì nel sapere del tempo ma anche educò cristianamente circa 500 allievi, maturarono dieci vocazioni sacerdotali, delle quali quattro si aggregarono alla comunità monastica. La scuola è stata comunque un’esperienza di alto valore sociale, avendo dato a molti figli di contadini poveri provenienti dalle valli Venosta, Passiria, Ultimo, l’unica possibilità di partenza per la loro futura professione.
Accanto alla scuola i monaci di Monte Maria si sono attivati sin quasi dalla fondazione del convento della cura d’anime, altri svolsero il loro dovere nella vita ritirata del convento, tutti comunque in qualsiasi posto si trovassero hanno servito e servono il Signore.
L’abate Stephan Pamer di Plata in Passiria (1057-1984) fece rinnovare molto sia a Merano che nel monastero, dove per merito di questo abate furono introdotte le novità liturgiche e monastiche in attuazione del Concilio Vaticano II.
Nel 1980, in occasione delle celebrazioni del 500° della nascita di S. Benedetto da Norcia, la cripta che nel 1642 era stata ricostruita sotto l’abate Grafinger, fu riportata alla sua forma originaria, con scopertura del complessivo ciclo di affreschi.
Dal 1984, quarantanovesimo abate del monastero, è Bruno Trauner a reggere il pastorale; da quando è entrato in carica, con la chiusura della scuola media nel 1986, i monaci si dedicano maggiormente alla cura d’anime. L’abate, il cui motto è “Il Signore è la forza della mia vita” è convinto che nell’antico convento si andrà avanti, pur con meno monaci. La storia stessa di Monte Maria è la prova che il Signore non abbandona il monastero dei Tarasp. Oggi esso, che ha problemi sia economici che di nuove leve, è visitato da molti turisti. Voglia il Signore farlo continuare, conforme al motto dei benedettini “Ora et labora”, nella sua missione a beneficio della Val Venosta e di tutta la diocesi.


  

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