Il fascino della cella
Sembra scontato l’argomento che oggi voglio trattare, ma invece è bene conoscere nel dettaglio la funzione, la struttura, l’arredo di una cella di una certosa, ed il suo indiscutibile fascino. Come premessa va detto che proprio in virtù della regola certosina, ogni cella che è situata lungo il perimetro del Chiostro Grande, alias “Galilea Maior”, è di dimensioni generose rispetto alle celle benedettine e cistercensi. Ciò è dovuto al fatto che i Padri del Chiostro, che abitano queste vere e piccole casette, in esse vivono per l’intera giornata fatta eccezione per le sole tre volte che si recano in chiesa. E’ quindi la cella il luogo dove il certosino trascorre la maggior parte della sua esistenza, e rappresenta una cosiddetta clausura nella clausura, essendo isolata rispetto al resto del complesso monastico. Una doppia clausura, anche perchè oltre alle mura perimetrali del monastero certosino, ogni cella è isolata dall’altra, da invalicabili pareti che le separano. Tutte le attività quotidiane vengono svolte al suo interno, compreso il mangiare. Infatti, salvo il pasto comune nel Refettorio, riservato ai soli giorni di festa, i certosini consumano il pranzo di mezzogiorno e la cena frugale, (ricordando che quest’ultima, durante la grande quaresima monastica dall’Esaltazione della Croce (14 settembre) fino a Pasqua manca del tutto) nella propria cella.Il fratello converso “dispensiere” che si dedicherà alla distribuzione del cibo nelle celle, provvederà ad introdurre il pasto dal piccolo sportellino posto su di un lato del portoncino d’ingresso. Questo sportello è in realtà doppio, e concepito in maniera tale che non è possibile incontrare nemmeno lo sguardo del fratello converso che deposita il cibo. Gli sportellini, non devono mai essere aperti contemporaneamente al fine di conservare l’intimità e la solitudine della cella. Ogni padre può anche fare richiesta di ciò di cui ha bisogno ponendovi un biglietto con il riferimento della sua cella, solitamente una lettera dell’alfabeto, e presto verrà esaudito. A tal proposito occorre citare come per i certosini ciò ricorda quel corvo, inviato da Dio, che portava ogni giorno un tozzo di pane a San Paolo, pare – dicono – che venga ancora oggi al nostro sportello per compiere la stessa funzione.
Gli ambienti che compongono strutturalmente una cella sono essenzialmente due, e di solito sviluppati su due livelli. Nel piano inferiore vi è solitamente un piccolo laboratorio con un tornio ed una legnaia che serve per alimentare la stufa a legna. Essi danno su di un piccolo orto, coltivato secondo le esigenze di ogni singolo monaco, e curato con meticolosità. Al piano superiore vi è la cosiddetta “Ave Maria”, ovvero l’ambiente dove vi è l’immagine della Madonna alla quale il certosino rivolge la sua preghiera sistematicamentinginocchiandosi alla sua vista.
Da questo luogo si procede verso il cuore pulsante della cella, ovvero il cubiculum, vero nucleo essenziale per lo svolgimento delle varie attività. Esso è costituito da una struttura che comprende un letto spartano, un tavolino per il pasto e per lo studio, ed un “oratorio” composto da un inginocchiatoio dove il monaco può recitare le sue orazioni.
La stufa a legna utilizzabile per riscaldarsi dal rigore del freddo, è come abbiamo visto alimentata dalla legna che il Padre taglierà nella apposita legnaia. Il pasto viene solitamente consumato lentamente, volgendo lo sguardo verso la finestra che da sul giardino per ammirare le bellezze della natura, mentre lo studio, il lavoro nell’orto o quello al tornio a pedale sono fondamentali per non essere assaliti dal nemico peggiore, l’ozio. Il lavoro manuale, indispensabile per mantenere la forma fisica sarà intervallato idoneamente dallo studio e dalla meditazione volta all’ascesi.
Poi, come per magia al risuonare della campana, ogni singolo monaco nel proprio stallo all’interno della propria cella, ed anche se separati innalzano contemporaneamente verso il cielo le loro lodi e le loro preghiere. Cosi come quando all’unisono, al suono della campana per il Mattutino, per la messa conventuale e per i Vespri, le celle si aprono e d i loro abitanti percorrono silenziosamente il chiostro per raggiungere la chiesa per la celebrazione comunitaria. Salvo rare eccezioni, concesse dal priore, come il recarsi in biblioteca, o per una visita al padre spirituale il monaco predilige la quiete ed il silenzio del proprio eremo dove consapevolmente vive attendendo l’incontro con Dio, nella solitudine, la beata solitudine, Negli statuti dell’Ordine, viene ampiamente illustrato il valore della cella per un monaco, e l’utilità della sua permanenza silenziosa in essa secondo quanto affermavano i padri del deserto:
«Resta seduto nella tua cella, essa ti insegnerà ogni cosa»
(Abbà Mosè, 6).
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