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martes, 13 de noviembre de 2018

Qual’è la differenza fra icona e quadro religioso?

Dizionario liturgico – Qual’è la differenza fra icona e quadro religioso?

           Molte volte i sacerdoti si trovano nella situazione di benedire quadri religiosi, in seguito alle richieste dei fedeli, che le percepiscono come icone. Nello stesso tempo, entrando nelle chiese in patria oppure nella diaspora, possiamo osservare gli stessi sacerdoti che comprendono in modo diverso l’iconografia della Chiesa Ortodossa. Qual è la causa di queste varie interpretazioni e che differenze ci sono fra icona ortodossa e quadro religioso?
            La differenza fra icona e quadro religioso sta principalmente nell’interpretazione fondamentale fra la visione della Chiesa Orientale e quella Occidentale circa la comprensione dell’arte sacra. La Chiesa Orientale ha basato i suoi dogmi sull’icona a partire dall’insegnamento sull’Incarnazione, mentre la Chiesa Occidentale si è allontanata gradualmente dall’essenza dell’arte sacra, lasciando spazio all’immagine didattica o allegorica, accettando l’ispirazione dell’artista.
            Verso l’anno 600, papa Gregorio il Grande ha formulato una tesi molto conosciuta secondo la quale, le immagini sono indirizzate principalmente alle persone comuni e per questo motivo, devono rappresentare quello che sono i libri per gli studiosi. Questo significa, oltretutto, che la funzione della pittura è di educare ed istruire, e, per questo motivo, deve diventare accessibile e facilmente comprensibile. Accettando questa tesi, bisogna menzionare il fatto che essa ha portato verso una pittura realista, lontana dalla Chiesa.
            Quasi due secoli più tardi i Libri Carolingi (790) formulano la posizione dei latini riguardo le decisioni del Sinodo Ecumenico del VII secolo, separando l’arte dell’esperienza della Chiesa. I teologi attorno a Carlo Magno consideravano inaccettabile e inconcepibile il fatto di vedere nell’icona una via per la Redenzione, equivalente agli insegnamenti dei Vangeli. Per loro le immagini rappresentano il prodotto della fantasia degli artisti.
            Questi sono stati i presupposti del XIII secolo, in cui gli artisti italiani hanno iniziato la desacralizzazione della pittura ecclesiale e la sua laicizzazione, attraverso il realismo ed un’eccessiva umanizzazione, processo che culminerà con il periodo Rinascimentale e Barocco.
            In tutto questo tempo, la Chiesa Ortodossa è rimasta fedele alla sua tradizione iconografica, anche se, dopo la caduta di Costantinopoli (29 maggio 1453) e la conseguente perdita della maggioranza delle scuole iconografiche, l’arte si è sviluppata ulteriormente nei paesi ortodossi, toccando l’apice tra la fine del XIV secolo e l’inizio del XVI, in Russia. Stranamente, nella Chiesa Ortodossa di Russia, durante il regno di Pietro il Grande(1682-1725)[1], sono state importate anche le idee rinascimentali, fatto che ha diluito e relativizzato la percezione di alcuni chierici, ma anche dei fedeli, sull’arte sacra. In questo modo, molti hanno iniziato a preferire all’arte bizantina, che rappresenta santità e la trasfigurazione delle persone attraverso lo Spirito Santo, le raffigurazioni realistiche, che risaltano l’umanità con tutte le sue disgrazie, persino con la sensualità. La penetrazione di un’arte di questo tipo nella Chiesa Ortodossa è dovuta ad uno stato di decadenza dei chierici e dei fedeli di quei tempi, e la sua continuità nel tempo rappresenta la stessa cosa.

            Per fare distinzione fra icona e quadro religioso, riportiamo alcune differenze:
  1. L’icona è un oggetto santo che ci mostra una realtà trasfigurata, attraverso la grazia divina e ci ricollega con la persona stessa raffigurata (il Redentore, la Madonna, i Santi ecc), mentre il quadro religioso ci presenta una realtà umana, spogliata di grazia e di luce, con tratti realistici e naturali, accentuando i dettagli e la maestranza del pittore.
  2. L’icona ha come modello Cristo Redentore, trasfigurato sul monte Tabor, e i santi che hanno brillato pieni di grazia divina (tenendo conto anche dei tratti delle persone), mentre il quadro religioso è decaduto così tanto, che per la pittura delle grandi opere dell’arte occidentale, i pittori hanno usato modelli vivi, che nulla hanno a che fare con la realtà storica e spirituale delle persone raffigurate (per esempio, per rappresentare la Madonna, alcuni pittori hanno scelto fra donne modelle con tratti di bellezza sensuale, oggetto delle loro passioni, altri hanno dipinto i santi in abbigliamento o circostanze del tempo in cui hanno vissuto: ad esempio San Giorgio vestito come crociato, oppure Gesù e gli Apostoli all’ultima cena come degli aristocratici del periodo medioevale).
  3. Se “l’onore per l’icona è indirizzato a colui che è raffigurato”, nel quadro religioso tutto l’onore sembra indirizzato al pittore, perché si specchia nella sua opera.
  4. L’icona è frutto dell’ascesi e del vissuto personale dell’iconografo, però anche della tradizione apostolica della Chiesa. L’icona non è firmata dall’iconografo come segno di umiltà: porta solo il nome del santo, oppure della scena (l’accento cade sulla realtà spirituale), mentre la maggioranza dei quadri religiosi sono firmati, dal desiderio effimero del pittore di conservare sua personalità oltre la morte.
  5. I volti dei santi nelle icone non sono dipinti tridimensionali, bensì solo frontalmente, per creare un avvicinamento fra credente e santo (alcuni teologi hanno detto che in questo modo di raffigurazione non siamo noi a guardare i santi, ma loro guardano noi). I volti dei santi nei quadri religiosi emozionano attraverso il vigore e corporalità eccessive, che lascia l’impressione di un ritorno del santo verso se stesso, però anche un’impossibilità di dialogo (ad esempio il lieto annuncio nelle raffigurazioni occidentali)
  6. L’icona non dev’essere stilizzata eccessivamente, per arrivare a uno stile naif, però neanche sbilanciarsi troppo verso il realismo che si trova nei quadri religiosi.
  7. Così come il canto dal pulpito dev’essere neutro e senza sentimentalismi per creare un ambiente comune di preghiera, nello stesso modo l’icona dev’essere priva di sensualità, perché anche essa, come la Parola, è uno strumento di conoscenza del Signore. Nei quadri religiosi dove i santi sono troppo fisici, si possono osservare facilmente le passioni dei pittori, ma anche i difetti dell’uomo caduto in peccato[2]
  8. Le vere icone sono quelle dipinte su legno, con la tecnica dell’affresco o del mosaico. Per quanto siano belle le icone decorate in oro o argento (tecnica tardiva comunque) oppure quelle dipinte su vetro, non riescono a rendere la giusta ricchezza dei sensi teologici proposti dall’interpretazione bizantina. Nello stesso tempo, nella chiesa non trovano spazio le icone cucite, tessute al telaio, con semi o altri materiali, queste possono essere quadri degni di musei o case private, ma non per la chiesa, dove tutto dev’essere unitario.
  9. Senza le icone non si può celebrare la Santa Liturgia, mentre il quadro religioso può essere presente, oppure no: in molte chiese cattoliche il posto dei quadri è stato preso dalle statue.
Padre Daniel Stîngă
[1]              Questo fenomeno sié verificato anche nei Principati Romeni a partire dalla fine del XVIII secolo. Pittori formati in Occidente hanno dipinto rinomate chiese in uno stile lontano dall’ortodossia: la Catedrale Metropolitana di Iasi, il Monastero Agapia, la chiesa di San Spiridon il Nuovo a Bucarest ecc.
[2]              In questa categoria si trovano i quadri portati per benedizione dai credenti: La Sacra Famiglia in cui si raffigura Giuseppe giovane e la Madonna come una donna sensuale con i capelli in vista, insieme al Bambino Gesù paffutello.

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