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martes, 24 de julio de 2018

IL “GIUDIZIO” DI CAVALLINI, ROMA (tra Bisanzio e Occidente)


 

IL “GIUDIZIO” DI CAVALLINI, ROMA E LA NASCITA DELLA MODERNA PITTURA ITALIANA


Ecco le maestose immagini del “Giudizio Universale” della Basilica di Santa Cecilia in Trastevere dipinte dal “pictor romanus” Pietro Cavallini, nato in un luogo non accertato nella metà del Duecento e morto a Roma nel terzo decennio del Trecento.
Cavallini – autore dei meravigliosi mosaici in Santa Maria in Trastevere, di un ciclo di affreschi in San Paolo fuori le Mura, andato perduto nell’incendio del 1823, e di altre opere pittoriche a Napoli – realizzò il suo “Giudizio” romano negli ultimi anni del XIII secolo.
Leggiamo cosa scrive di lui il critico e storico dell’arte Vittorio Sgarbi:
La pittura moderna italiana nasce a Firenze o a Roma? Il primo pittore, come Dante nella letteratura, è Giotto? Oppure è, forse, Pietro Cavallini? Il primato della scuola fiorentina è stabilito da un toscano, allievo di Michelangelo, Giorgio Vasari, che declassò Cavallini a “discepolo di Giotto”, stabilendo un anacronismo anagrafico paradossale e creando un pregiudizio storico-artistico sopravvissuto cinque secoli. Ma soltanto in tempi recenti si è incominciato a guardare, con nuova attenzione, a Pietro Cavallini, pittore presente, forse, a fianco di Giotto ad Assisi, a metà strada tra Firenze e Roma….
Pietro Cavallini vede il mondo con occhi nuovi esattamente come Giotto, e negli stessi anni, forse un poco prima, nei mosaici in Santa Maria in Trastevere e negli affreschi di Santa Cecilia.
Qui vediamo un’umanità nuova, un Cristo e gli apostoli che hanno ritrovato la carne, la verità dei volti, il respiro che sembrava sospeso negli affreschi e nei mosaici bizantini. Il Giudizio universale che sta sulla controfacciata della Basilica di Santa Cecilia è ora mutilato, ma si può raggiungere, attraverso il coro delle suore, la parte alta sopravvissuta con il Cristo fra gli angeli e gli apostoli.
È difficile vedere immagini di più palpitante verità. L’umanissimo Cristo, trascrizione moderna del Cristo Pantocratore dei mosaici bizantini, i cherubini incorniciati nelle ali multicolori, come giovani pieni di speranze e di buona volontà. Allo stesso modo gli apostoli sono uomini, nei loro scranni, saliti dalle strade di Trastevere per trovare posto a fianco del loro comandante, un Cristo che ha le sembianze di Che Guevara, sicuro e quasi sfrontato. Davanti a questi personaggi non si avverte la distanza dalle figure che, di lì a poco, si ritroveranno sui muri di San Francesco in Assisi o della Cappella degli Scrovegni(V. Sgarbi-M. Ainis, “Il tesoro d’Italia”, Milano 2013).

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